L’Italia ai tempi di Smart e Remote Working

L'Italia ai tempi di Smart e Remote Working


SMARTWORKING

Lo Smart Working lo conosciamo un po’ tutti. Così come il Remote Working. Sapete però la differenza le due opzioni?

Lo smart working permette di lavorare solo sugli obiettivi, evitando di sprecare il proprio tempo in Ufficio anche quando c’è meno lavoro da svolgere. Nel remote working, invece, i dipendenti sono vincolati alle 8 ore al giorno, ma non sono incentivati a lavorare per obiettivi da raggiungere.

Entrambi i concetti sono sempre esistiti, ma abbiamo avuto un boom di utilizzo di questi due modelli lavorativi solamente con l’arrivo della pandemia, nel marzo del 2020 e nei mesi successivi.

Ad oggi, una volta che le persone hanno provato a lavorare da casa, pare non vogliano più abbandonare questa modalità. Non c’è più solo un “addio all’orario di lavoro fisso”, ma anche una piena autonomia e gestione del proprio tempo. Proprio per questo, con la fine dell’emergenza sanitaria e il ritorno negli uffici, è stato introdotto un nuovo modello di lavoro: il lavoro ibrido. Si tratta di un modello 50 e 50, con possibilità di lavorare sia in azienda, che direttamente da casa.

Tutte le tipologie di lavoro hanno dei vantaggi, non solo per il dipendente, ma anche per l’azienda: le aziende che offrono un modello di lavoro ibrido, infatti, possono risparmiare sui costi, sia in termini elettrici, sia di volume, perché hanno bisogno di meno spazio ufficio.

Proprio in questi giorni, sono esplosi due casi mediatici che si collocano ai due estremi di questo filone di pensiero. Il caso di Elon Musk, CEO di Tesla, da molti definito antiquato, che dice basta allo smart working, o si torna in azienda o si verrà considerati come dimessi. Dall’altro lato il Caso di Bassel Bakdounes, titolare di Velvet, che ha abolito gli orari di lavoro fisso, permettendo ai dipendenti di lavorare dove e quando vogliono.

 

IL CASO ELON MUSK, CEO DI TESLA

Il CEO di Tesla, Elon Musk, ha scritto in una email, nero su bianco, che non è più accettabile che i suoi dipendenti lavorino in smart working. La email è stata divulgata su Twitter, il miliardario ha comunicato che gli impiegati devono trascorrere un minimo di 40 ore a settimana in ufficio, altrimenti possono andare a lavorare “da un’altra parte”, Tesla li considererà dimessi.

Così, mentre molte altre grandi aziende tecnologiche come Microsoft, Amazon, Apple o Meta continuano a garantire, in maniera più o meno estesa, il ricorso allo smart working, il capo di Telsa si è schierato contro il lavoro a distanza. “Chiunque desideri lavorare da remoto, deve essere in ufficio per un minimo (e intendo *minimo*) di 40 ore a settimana o lasciare Tesla”, ha scritto nella mail finita su Twitter. “Se ci sono collaboratori particolarmente eccezionali per i quali questo è impossibile, esaminerò e approverò direttamente queste eccezioni. – continua l’email – Naturalmente ci sono aziende che non richiedono questo, ma quando è stata l’ultima volta che hanno creato un nuovo grande prodotto?”. Musk ha poi aggiunto l’importanza della presenza in azienda dei dipendenti senior e: “se Tesla sarà in grado di continuare a creare i prodotti più interessanti e significativi di qualsiasi altra azienda sulla Terra, non accadrà telefonando”. Il suo messaggio è diventato virale su Internet, e anche su Twitter sono circolati diversi attacchi al suo messaggio. Inevitabilmente, è scattata la polemica da parte di coloro che ritengono il lavoro di persona un concetto antiquato.

 

IL CASO DI BASSEL BAKDOUNES, TITOLARE DI VELVET

Visione opposta a quella di Elon Musk, è la visione di Bassel Bakdounes, il titolare della Velvet Media, azienda di marketing di Treviso.

La notizia, uscita sempre negli stessi giorni, è che per i dipendenti Velvet è stato ufficialmente abbandonato l’orario di lavoro fisso da 8 ore; l’obiettivo, infatti, diventerà quello di procedere per obiettivi.

I dipendenti dell’agenzia, infatti, lavoreranno per obiettivi per tutto il periodo estivo. Si tratta di una sorta di “test” per valutare la loro operatività, ma anche per vedere se ci saranno o meno dei miglioramenti per l’azienda e per il benessere dei dipendenti.

Attenzione, però, non si tratta di liberi professionisti, ma di veri e propri dipendenti, che avranno ferie e permessi pagati. Questi potranno essere presi sempre, in base alle necessità del singolo dipendente. Infine, i dipendenti potranno recarsi in agenzia quando e come vorranno, anche negli orari più strani. Il caso ha fatto scalpore perché si tratta di un vero e proprio esperimento innovativo, che non è un completo smart working, né un remote working, ma è qualcosa di nuovo che è stato particolarmente apprezzato dal mondo social.

Ogni giorno, milioni di italiani si recano sul posto di lavoro per 8 ore al giorno. Questa routine si ripete dal lunedì al venerdì e, in alcuni casi, anche il sabato o la domenica.

Nella Velvet Media di Treviso, però, questo concetto di lavoro – che ormai un po’ a tutti sembra obsoleto – è stato eliminato. L’obiettivo è svolgere i propri compiti in maniera flessibile, ciò vuol dire secondo le proprie necessità. Non dovendo più timbrare un cartellino i dipendenti saranno chiamati a lavorare per obiettivi finali. I dipendenti dovranno dare la priorità alle commesse dei clienti con ancora maggior determinazione.

Potranno, però, decidere autonomamente quando farlo, in quale momento del giorno, ma anche da che luogo. In queste ultime settimane, infatti, tutti i dirigenti dei vari reparti sono stati formati per perseguire questi nuovi obiettivi.

Il titolare ha dichiarato: “siamo convinti che se una persona è serena e sta bene nel privato, potrà essere più performante anche davanti al computer. Il miglioramento della qualità della vita genera la possibilità di lavorare meglio.”

Il sistema di Bassel Bakdounes è basato su due obiettivi finali, da un lato vuole muoversi: “togliendo costrizioni frutto di un retaggio culturale anacronistico, legate alla presenza in un ufficio o al numero di giorni e ore lavorate.” mentre dall’altro vuole dare “massima libertà e fiducia alle persone”.

Rendendo il lavoro più flessibile, i lavoratori si sentono meno oppressi e, di conseguenza, meno frustati. Inoltre, si potranno ridurre notevolmente i “tempi morti”.

I lavoratori “vecchio stampo” sono per il “portarsi avanti” ma, per Bassel Bakdounes, significa costringere i dipendenti a lavorare, anche se hanno terminato i loro impegni.

Senza un orario di lavoro fisso, si potrebbe favorire anche la parità di genere, poiché tanto le mamme quanto i papà potrebbero lavorare in maniera agile, permettendo alle mamme di non sacrificare il proprio lavoro per dedicarsi ai figli e, ai padri, di dedicarsi maggiormente alla vita familiare.

IN CONCLUSIONE

Il mondo del lavoro in Italia vive sempre in differita rispetto ad altri paesi europei, decisamente più snelli nelle riforme giulavoristiche nei Regolamenti Aziendali. Abbiamo ancora tanta strada da percorrere sul tema della parità di genere e sulla fiducia dei datori del lavoro verso i propri dipendenti. Lasciare loro maggior libertà di gestire le loro giornate non significa lavorare peggio, significa, piuttosto, lavorare in maniera mirata ed efficace e valorizzando l’oro dell’ultimo decennio: il tempo.

 

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CAPPELLER

Cappeller: More Than An Industry

Cappeller, l'impegno verso i dipendenti


CAPPELLER

Il 2020 e il 2021 sono stati anni difficili per le aziende italiane e per i cittadini. Le imprese hanno reagito impegnandosi per garantire la continuità produttiva tutelando la salute dei lavoratori, hanno riorganizzato il lavoro per renderlo più flessibile anche con le esigenze familiari. La reazione alla grave crisi, sia economica che sanitaria, ha generato una nuova consapevolezza del ruolo sociale delle imprese.

Proprio per questo, a partire da Aprile 2022 l’azienda Cappeller ha attivato un piano di Welfare Aziendale per i suoi dipendenti con il supporto del Team di Evoluzione Welfare.

Grazie all’attivazione di questo Piano di Welfare Aziendale, tutti i dipendenti hanno avuto accesso alla nostra innovativa Piattaforma tecnologica Acropoli. Grazie ad Acropoli i dipendenti possono gestire autonomamente il loro credito welfare, spendendolo attraverso tutti i nostri cataloghi di beni e servizi. L’Azienda potrà, in ogni momento, monitorare la fruizione da parte dell’utente finale, valutandone soddisfazione e preferenze.

Lo slogan di Cappeller è “more than an industry” e non potrebbe esserci conferma maggiore dell’impegno che si sono assunti in questo periodo per migliorare il loro clima aziendale e aumentare il benessere dei loro dipendenti e delle loro famiglie, tutto ciò prestando grande attenzione al tema della sostenibilità.

Cappeller S.p.a, azienda di Cartigliano (VI), nasce nel 1969 come produttore di molle. La loro competenza è aumentata nel tempo lavorando in settori eterogenei, molto esigenti, e sviluppando progetti sempre più complessi.

Nel corso degli anni l’azienda ha attivato diverse politiche per lo sviluppo e la diffusione della responsabilità industriale, promuovendo iniziative per il rispetto dell’ambiente e sostenendo iniziative in ambito sociale.

Ed è proprio questa la caratteristica principale da cui noi siamo partiti per cucire un piano di Welfare Aziendale su misura per loro.

La prima iniziativa che ci è stata richiesta dall’Azienda è, infatti, una flotta di E-Bike ad uso dei dipendenti per promuovere la mobilità sostenibile fra i loro lavoratori. La flotta è attualmente disponibile in Azienda e il progetto “mobilità green” è ufficialmente partito a maggio 2022 e verrà testato per un anno, fino a Maggio 2023, con l’intento di renderla una soluzione permanente in Azienda.

Oltre alla mobilità green, Cappeller ha cercato, insieme a noi di Evoluzione Welfare, delle soluzioni green per le case dei loro dipendenti. Promuovendo cosi un’azienda locale, abbiamo inserito in Piattaforma l’azienda Living Pizzato di Pove del Grappa; Living Pizzato è specializzato in elettrodomestici green, in particolare, hanno sviluppato una linea di prodotti all’ozono. Il macchinario che ha maggiormente attirato l’attenzione di Cappeller, e la nostra, è Infinity: un macchinario per la lavatrice ad ozono innovativo, che sfrutta la triplice azione dell’Ossigeno Attivo, dei Raggi UV e degli Ioni d’Argento per pulire e disinfettare il bucato.

Infine, oltre a servizi scelti e creati apposta per loro, tramite Acropoli, i dipendenti avranno accesso ai nostri Cataloghi e potranno acquistare tutti i beni e servizi necessari alle loro esigenze. Troveranno buoni spesa per i beni di prima necessità di una famiglia e potranno chiedere i rimborsi per spese sostenute per l’istruzione/educazione dei loro figli, assistenza a familiari anziani e/o non autosufficienti e per gli abbonamenti al trasporto pubblico. Inoltre, avranno la possibilità di acquistare prestazioni sanitarie presso centinaia di strutture convenzionate e troveranno migliaia di soluzioni acquistabili per il loro tempo libero, dal relax fino a una giornata al parco divertimento o un viaggio.

Tutto questo rappresenta l’impegno preso da Cappeller nei confronti dei suoi dipendenti, l’attenzione alle loro esigenze e ai bisogni delle loro famiglie.

 

 

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GENDER GAP

Il rilancio dell'Italia attraverso la lotta al Gender Gap

Il rilancio dell'Italia attraverso la lotta al Gender Gap


IL GENDER GAP

La parità di genere, il cosiddetto “gender gap”, è un tema sempre più affrontato nel dibattito sociale. Tema talmente importante, da essere incluso anche nelle misure previste dal PNRR (piano nazionale di ripresa e resilienza):

“il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha predisposto un documento che analizza il contributo degli interventi previsti nel PNRR e presenta una valutazione ex ante sugli impatti che gli interventi stessi possono apportare per ridurre il divario in molti ambiti”.

In particolare, le risorse stanziate dal PNRR per interventi rivolti alle donne, anche indiretti, nella riduzione dei divari attualmente presenti a favore delle donne rappresentano oltre il 20% del totale (circa 38,5 miliardi).

Nella classifica sull’ampiezza del divario di genere in tutto il mondo realizzata dal WEF (World Economic Forum), l’Italia risale di 13 posizioni rispetto all’anno precedente, diventando 63esima. Sicuramente un passo avanti ma, comunque, resta ancora tra i peggiori paesi d’Europa.

 

PROVVEDIMENTI IN ITALIA E DELLA COMMISSIONE EUROPEA

Qualcosa si muove. È stata prorogata la Legge Golfo-Mosca sulle quote di genere nei CdA. Questa legge rappresenta attualmente il cambiamento più rivoluzionario, nonché il successo più grande, in campo di empowerment femminile nel nostro Paese. Grazie a essa, la percentuale di donne nei Cda di società quotate è passata da circa il 7% all’attuale percentuale che sfiora il 40%.

Oltre alla proroga di tale legge, la Commissione europea ha presentato una proposta sulla trasparenza salariale ed è stata approvata all’unanimità la legge Gribaudo, che punta a favorire la parità retributiva tra i sessi e le pari opportunità sul luogo di lavoro.

«Esiste un’ingiustizia profonda, culturale ed economica, che blocca le carriere delle donne italiane. Con questa legge facciamo un primo passo per sanare questa ingiustizia».

A dirlo è Chiara Gribaudo, deputata del Partito Democratico e prima firmataria della “Legge sulla parità salariale e di opportunità sul luogo di lavoro”, da poco approvata in via definitiva in Parlamento. L’obiettivo è ridurre il gender pay gap, cioè la differenza di salario tra donne e uomini, e far venire a galla ogni discriminazione, anche indiretta, in ambito lavorativo.

 

LA DIVERSITY È UN AFFARE

In generale, è dunque tempo che le aziende cambino passo, concretamente, rispetto al tema del gender gap. Perché, come sottolinea Boston Consulting Group, la diversity è anche un “affare”: le aziende con almeno tre dirigenti donne hanno un aumento mediano del ROE superiore di 11 punti percentuali in cinque anni rispetto a quello delle aziende senza dirigenti donne. E le aziende con almeno il 30% dei dirigenti donne hanno un aumento del 15% della redditività rispetto a quelle senza dirigenti donne. Basta, quindi, una sola donna in più nella leadership per aumentare il rendimento di una azienda da 8 a 13 punti base.

 

IL GLOBAL GENDER GAP REPORT – WEF

Il Global Gender Gap Report 2021 del WEF ha stimato pari a 135,6 il totale di anni necessari per raggiungere la parità tra uomini e donne, rispetto ai 99,5 anni ipotizzati solo dal rapporto precedente. La pandemia, evidenzia lo studio, ha fatto crollare la presenza delle donne nel mercato del lavoro, non solo in Italia ma in tutto il mondo. Due sono le principali cause: da un lato, le donne lavorano maggiormente in settori che sono stati colpiti direttamente dalla pandemia (ad esempio turismo e ristorazione); dall’altro lato, l’aumento della necessità di cure tra le mura domestiche, come spesso succede, è ricaduta soprattutto sulle loro spalle (si pensi ai bambini che non sono potuti andare a scuola).

A guidare la classifica è il Nord Europa con Islanda, Finlandia e Norvegia (vedi immagine sotto). Tre Paesi guidati da premier donne. Dopo un anno di pandemia, nella classifica redatta dal World Economic Forum, emerge il balzo registrato dall’Italia, che ha guadagnato 13 posizioni salendo dal 76° al 63° posto su un totale di 156 Paesi al mondo. La spinta maggiore al miglioramento è dovuta alla politica, dove risultiamo il 41esimo Paese nella classifica, arrivando addirittura al 33° posto se si tiene conto delle donne nell’esecutivo. D’altra parte il governo Conte II, che è quello tenuto in considerazione dalla rilevazione, aveva raggiunto un record storico con una percentuale del 34% fra ministre, viceministre e sottosegretarie. Dall’altro lato, però, la partecipazione economica, ci fa scivolare al 114esimo posto. Il Gender Gap Index, sulla base del quale viene stilata ogni anno una classifica dei paesi che hanno fatto meglio per quanto riguarda il raggiungimento della parità di genere, è costruito infatti su quattro indicatori principali: salute, educazione, economia e politica.

 

IN CONCLUSIONE

In Italia c’è una nuova consapevolezza, che deve tradursi in operazioni concrete per colmare le diseguaglianze ancora esistenti. L’obiettivo deve essere quello di ridare futuro ad un’Italia oggi piegata dalla pandemia, e che potrà davvero ripartire con lo sguardo e il protagonismo delle donne.

 

 

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